Onorevoli Colleghi! - Il processo di profondo rinnovamento delle autonomie locali, iniziato con la legge n. 142 del 1990, proseguito con le modifiche introdotte dalla legge n. 81 del 1993 e successivamente arricchito dalle norme contenute nelle leggi sulla semplificazione amministrativa n. 59 del 1997 e n. 127 del 1997, ha complessivamente ridisegnato l'architettura delle istituzioni locali. Tali disposizioni sono oggi ricomprese nel testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
      L'articolo 51 del medesimo testo unico stabilisce, tra l'altro, che un sindaco o un presidente di provincia può essere eletto per soli due mandati consecutivi e si pone, quindi, in evidente contrasto con la necessità di assicurare stabilità e continuità all'azione amministrativa, apparendo, inoltre, eccessivamente restrittivo della sovranità popolare.
      Tale limitazione nel nostro ordinamento è prevista solo in questi due casi, non riscontrandosi in alcuna delle altre cariche elettive esistenti a livello centrale o decentrato.
      Appare evidente, quindi, la disparità di trattamento tra coloro che, pur se in diversi livelli di governo, sono chiamati ad amministrare la cosa pubblica con lo

 

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stesso impegno, la stessa assunzione di responsabilità (per i sindaci assai più diretta che in passato), ma con premesse di durata rigidamente precostituite solo per alcuni, indipendentemente dalla bontà o meno del loro operato. Non può, inoltre, non tenersi conto del particolare clima politico in cui si trovava il Paese all'inizio degli anni novanta, momento in cui tali vincoli furono introdotti.
      Ma la stessa legge sull'elezione diretta dei sindaci e dei presidenti delle province ha consentito l'emergere di una classe dirigente locale più preparata ed efficiente, che ha ridato vitalità agli enti locali, generando radicali cambiamenti civili e sociali, di cultura, di mentalità in tutto il nostro Paese.
      È, inoltre, evidente, anche alla luce delle maggiori responsabilità ed impegni oggi richiesti ai sindaci e ai presidenti delle province, che due mandati sono spesso insufficienti per avviare e completare un programma di risanamento delle amministrazioni locali, che ricevono, inoltre, richieste sempre più specifiche dalle proprie cittadinanze. La stabilità del governo degli enti locali deve essere tutelata per rendere possibile l'attuazione concreta degli ampi e complessi compiti che oggi comuni e province sono chiamati ad attuare.
      Per quanto premesso, la presente proposta di legge intende abrogare la disposizione relativa alla limitazione del numero dei mandati dei sindaci e dei presidenti delle province.
      Si propone inoltre di modificare l'articolo 64 del testo unico citato, che prevede l'incompatibilità tra le cariche di consigliere comunale e provinciale e di assessore nella rispettiva giunta, nel senso di prevedere il reintegro nella carica di consigliere in favore dell'assessore che cessi dalla carica.
 

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